Mai come in questo momento il settore dell'ospitalità italiana sta subendo durissimi colpi: anche in Umbria, dove una serie di eventi locali e nazionali hanno totalmente distolto l'interesse dei turisti dalle nostre meravigliose terre. Le cause, tuttavia, non sono da imputare esclusivamente ad eventi terzi, poiché la mancanza di novità e la lentezza nell'evoluzione dei servizi sono una grossa spina nel fianco per l'economia dell'hôtellerie regionale. L'articolo di oggi si propone di fornire qualche soluzione letteraria al problema, scavando negli Statuti della più influente Corporazione medievale perugina, nota in tutta l'Umbria: l'arte degli Albergatori, dei Fornai e dei Panettieri.
Ricostruzione di una cucina da taverna del XVII secolo
Abbiamo già trattato dell'importanza delle vie commerciali nell'articolo sul cocetum; oggi ne riparleremo, poiché l'Umbria, terra isolata per definizione, è riuscita a tutelare e mantenere il suo fragile patrimonio culturale grazie agli scambi commerciali che per millenni hanno avuto luogo per le grandi vie che collegavano il territorio ai porti marchigiani e laziali. Proprio lungo le strade, appunto, le corporazioni cercavano di edificare i loro centri economici, sia per snellire le operazioni di trasporto che per catturare l'attenzione dei viaggiatori: è proprio grazie a questa associazione attività-luogo che nel XIII secolo, in Umbria, nasce la taverna. L'esigenza di far sì che tutte le taverne del territorio perugino potessero far fronte a innumerevoli difficoltà, fece nascere l'arte degli Albergatori. L'arte, con sede nel centro di Perugia, si proponeva di tutelare tutti gli iscritti ad essa: un albergatore doveva giurare di svolgere il suo esercizio con l'unico fine di accrescere il suo benessere e quello dei suoi colleghi, proponendo nuove legislature e rispettando quelle esistenti*. Gli albergatori ed i tavernieri avevano l'obbligo di variare la loro offerta per non sovrapporsi in dannose competizioni sul miglior prezzo, creando così un'offerta variegata e mutevole in grado di rispondere alle richieste di un mondo in continuo cambiamento. E così si apprende che nel XIV secolo, alcune attività erano in comunicazione con altre: si scambiavano servizi (come il poter bere vino in una e consumare il pasto nell'altra), materiali (un oste poteva richiedere partite di piatti e bicchieri in caso di necessità), informazioni (quali fossero le migliori merci e come ottenerle rapidamente) e molto altro**. Oggi, le attività eredi di questo antico mondo organizzato soffrono l'isolamento commerciale, pensando che barricarsi dietro alla propria professionalità e offrire un servizio unico nel suo genere (frase che si sente troppo spesso!) sia l'unica soluzione possibile. Eppure basterebbe dialogare, collaborare e faticare per un bene comune: le matricole medievali umbre ci insegnano che l'unità dei popoli e degli intenti è la chiave della salvezza di questo fragile mondo, non solo da un punto di vista etico, ma anche economico. Ci auguriamo che la lettura di questa breve riflessione possa costituire un utile spunto di analisi per chi, colpito dalle innumerevoli crisi di questi difficili tempi, potrà vedere nel suo vicino non un nemico, bensì uno strumento di evoluzione professionale e personale.
Giovanni Pedercini - Cuoco
Ricostruzione storica di una cuoca nel XIV secolo
*Biblioteca Augusta, Le Matricole delle Arti di Perugia - Per buono stato della cittade, Volumnia Editrice, 2001
**Antonio Briganti, Le Corporazioni delle Arti nel Comune di Perugia (sec. XIII-XIV), tipografia Guerriero Guerra, 1910
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