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Jacopo Battistacci

The expanding circle

La tutela della biosfera e il benessere animale


Nessuna altra specie vivente esercita un’influenza ampia come quella umana sull’ambiente che la circonda. Un consenso scientifico senza precedenti non perde occasione di evidenziare le conseguenze di tale influenza e la fragilità di una risorsa nebulosa e soltanto apparentemente illimitata (quali la biosfera e le risorse del pianeta Terra), e richiama alla responsabilità di farsi carico della sua tutela.














Il concetto di specismo definisce “la convinzione secondo cui gli esseri umani sono superiori per status e valore agli altri animali, e pertanto devono godere di maggiori diritti”. Uno dei suoi oppositori più agguerriti è il filosofo Peter Singer (6 Luglio 1946 -), ed uno degli argomenti principali mossi da Singer contro di esso è quello del cosiddetto expanding circle. Alla base dell’argomento c’è l’idea di plasticità e storicità della morale umana, i cui confini si sono progressivamente allargati fino a comprendere categorie di individui prima semplicemente non presenti nel campo della considerazione morale (e dunque esclusi anche da diritti e possibilità riconosciuti a chi ne facesse parte). Questo principio è utilizzabile per rendere storicamente conto, tra le altre cose, dell’abolizione dello schiavismo (che prenderebbe le mosse da un cambiamento di paradigma nella valutazione degli schiavi, prima ancora che da un riconoscimento giuridico di diritti fino a quel momento astratti), e dispone del potenziale per espandere ulteriormente la cerchia di individui a cui vada riconosciuta considerazione morale; ciò permetterebbe, nel tempo, di approdare ad una situazione in cui l’essere umano superi una concezione specista del regno animale e della biosfera e cessi di vedere entrambi semplicemente come ammassi di risorse impiegabili e spendibili a proprio esclusivo uso e consumo. L’etica animale, che prende le mosse dall’idea di estendere il principio di uguaglianza che riconosciamo agli altri esseri umani anche ad animali non umano, troverebbe in questo ambito la propria nicchia.

La visione e la considerazione morale che riserviamo ad altri esseri umani può essere espansa per comprendere nuovi soggetti; non si parla, ovviamente, di trattamenti identici: animali ed esseri umani sono, di fatto, esseri viventi diversi e sarebbe insostenibile omologarli. Sono, tuttavia, accomunati dalla capacità di soffrire e dunque sono portatori di interessi comuni (nello specifico dispongono, quantomeno ed a titolo esemplificativo, dell’interesse a minimizzare la propria sofferenza). Ciò che differenzia animali che soffrono ed esseri umani che soffrono è semplicemente il confine del nostro circolo di considerazione morale, che ci preclude la possibilità di considerare una delle due categorie come portatrice di interessi in maniera speculare a come, poche manciate di secoli nel passato, ci impediva di considerare schiavi che soffrono al pari di cittadini che soffrono, o ancora amici al pari di sconosciuti.


Sostiene ancora Singer come in un’etica naturalizzata non ci sia spazio per animali più uguali di altri semplicemente perché gli esseri umani (gli unici ed evidenti beneficiari di tale trattamento di favore) non dispongono di un tipo speciale di dignità o valore per il solo fatto di appartenere ad una specie rispetto ad altre.

L’antropocentrismo, ovvero la concezione dell’essere umano come nodo focale del mondo, è per Singer un concetto da superare; mancano i presupposti per considerare la specie Homo Sapiens come dotata di interessi intrinsecamente più sacri rispetto a quelli di altre specie, dunque non c’è ragione per cui si debba o si possa attribuire ad essi alcun tipo di priorità rispetto al benessere della biosfera o, più in generale, del sistema-pianeta in cui ci troviamo a vivere. Assunzioni di questo tipo richiedono, forse prima ancora che misure politiche ad ampio spettro, uno slittamento della nostra forma mentis in un’ottica di maggiore responsabilità e responsabilizzazione: non è più sostenibile lo sfruttamento di risorse limitate (ed in esaurimento) senza soppesare come queste azioni influiranno sul futuro; è imprescindibile iniziare a soppesare i pro ed i contro cercando di tenere sempre un occhio puntato sulle potenziali conseguenze e (per quanto umanamente possibile) sulle interazioni tra domande e bisogni che potrebbero finire (ed anzi è probabile che finiscano) per stridere tra di loro.

La necessaria considerazione degli interessi in primis degli animali non umani non deve tuttavia portare all’assunzione che umani e non umani abbiano identiche necessità; proprio in virtù delle loro differenze, anzi, è necessario adottare soluzioni che possano essere soppesate e calibrate sul caso specifico. Dobbiamo agire come se fossimo (come siamo) interni al sistema, e non osservatori distaccati ed imperturbabili come (forse) ci piacerebbe essere. Il pianeta nella sua interezza (comprensiva della presenza di piante ed animali) rappresenta un complesso agglomerato di realtà che si interfacciano e si influenzano in maniera non lineare ovvero, per riprendere le parole di Jane Bennett (31 luglio 1957 -) in Vibrant Matter (USA, Duke University Press, 2010), un assemblage definito come: “ad hoc groupings of diverse elements, of vibrant materials of all sorts. Assemblages “are living, throbbing confederations that are able to function despite the persistent presence of energies that confound them from within”, cioè “raggruppamenti ad hoc di diversi elementi e materiali di tutti i tipi. Gli assemblages sono viventi, ribollenti confederazioni che sono in grado di funzionare nonostante la costante presenza di energie contraddittorie al loro interno” (ivi, p. 24, trad. di chi scrive).

Non possiamo prevedere l’entità delle conseguenze a lungo termine di quanto compiamo oggi, e soltanto in tempi recenti le conseguenze di decenni di mala gestione delle risorse stanno iniziando a manifestarsi in maniera evidente a chiunque: è dunque fondamentale agire con cautela per non privare l’assemblage “pianeta Terra” di elementi che potrebbero causare contraccolpi imprevisti. Prima ancora di avanzare proposte e pianificare una strategia a lungo termine per mitigare i danni causati in tempi recenti in maniera diretta (basti pensare al surriscaldamento globale, o a scenari che hanno genericamente condotto all’estinzione specie animali plurisecolari) o indiretta (la recente catastrofe degli incendi in Australia) è necessario cambiare modo di pensare: laddove non esistono gerarchie, come all’interno di un assemblage, è anche e soprattutto necessario prestare attenzione a tutelare interessi a confronto anche a costo di cedere noi stessi un po’ di terreno.

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